Scrivono di Me - ANGELO MELARANCI - Uomo e Arte

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Scrivono di Me

Angelo Melaranci

Scultore di ceppi e di radici un albero nasce, cresce e muore, come l’uomo.
Il tronco, anche quando l’albero non c’è più, conserva il nobile ricordo della vita e la dignità di ciò che è stato. Così che il legno non è mai anonimo o inerte ma ha una sua individualità ed una sua propria vitalità. “ond’elli avvien ch’un medesimo legno, secondo specie,meglio o peggio frutta; e voi nacete con diverso ingegno” (Dante, Paradiso,XIII,vv 70,72).
"L' ingegno" di Angelo Melaranci e il "legno" : quasi due entità che dialogano fra di loro. Angelo chiede al legno di ospitare e -quasi-di interpretare le sue emozioni e la sua visione del mondo. Il legno si offre all’atto creativo con le sue intatte nodosità e asperità e con l’imprevedibilità delle sue forme naturali. Angelo rispetta il legno e il legno ricambia in intensità e bellezza : un vero dialogo d’amore. Questa mi sembra una prima e fondamentale chiave di lettura per accostarsi alle belle sculture di Angelo Melaranci. Poi, naturalmente ,c’è l’esplorazione del “mondo” che Angelo affida al legno : l’intersezione del Bene e del Male nel nostro quotidiano; la gratuita e soccorrente presenza del Mistero divino dentro il destino dell’uomo; le “fissazioni”che talvolta inchiodano la nostra mente, impedendole l’ampiezza di giudizio e di respiro di cui è capace; il Legno della Croce, con Cristo che nella sua umanità dona tutto, anche le braccia; la pìetas dello scultore che delicatamente stende una garza sul volto morente di Cristo : non perché la scultura,con l’aggiunta del colore e della gomma lacca, evochi – come evoca – in modo prodigioso il momento della fine, ma perché – così dichiara Angelo – la garza “medica” le Sue ferite. Ed ancora il senso della morte e della sofferenza, eterne ed inesorabili compagne dell’uomo. Angelo (che nella vita fa il Pompiere) sembra che chieda al legno di tradurre in forma d’arte il motto “Ubi dolor, ibi Vigiles”. E si sente e si vede e si tocca come il legno si presti a rendere plastiche espressioni, familiari ad Angelo , quali “Bruci il male che s’annida nelle case degli uomini”,”Fa più ardente della fiamma il sangue che ci scorre nelle vene”, “La nostra vita è il fuoco,la nostra fede è Dio”, espressioni tratte tutte dalla splendida Preghiera dei Vigili del Fuoco.
Angelo Melaranci scolpisce in coerenza e verità. Le sue sculture rispecchiano quello che lui è nella vita privata e nel suo lavoro : trasparente,generoso ed assetato d’amore. Bellissime sculture. Come “La Disperazione”, vibrante come una lama sottile, carica d’angoscia ma illuminata dalla speranza. O “La Crocifissione” sul cui retro appare il solo volto di Cristo, in un primo piano inatteso e sconvolgente. O “L’Insidia” in cui la Bellezza nasconde un acquattato e pronto serpente, che riconosci subito come il Male. O “Il Chiodo fisso” in cui il ferro che penetra il legno della testa, fa sentire il brivido della mente immobilizzata dalle nostre fobie. O “Il Fumo di donna” con il sorprendente fumo di una pipa che si trasforma in una donna che abbraccia la testa del fumatore. Ma con le mani al di sopra dei suoi occhi,cosi che l’uomo sa di esserne pervaso ma non può vederla. O “La Vita oltre la vita” ornamentale e ricca cornice scolpita da un solo blocco di legno,in cui li serpente appare primordiale e accattivante nell’ipnotico colore dell’oro. E tante altre. Tutte da vedere e da gioirne. E,infine, le sfolgoranti Icone in cui colore e legno celebrano profondità interiori e muovono la memoria ad una fede antica. Angelo Melaranci, umile scultore di ceppi e di radici, ha un atteggiamento di rispetto nei confronti del Tempo : “Io non faccio progetti, è il Tempo che li fa per me.” Ma ha anche un rapporto conflittuale con esso : “Il Tempo che passa mi disturba. Vivo la vita come un passaggio e rincorro il Tempo perché voglio lasciare le mie orme.” Io credo che Angelo sia fortunato. Il suo amore per il legno e la sua bravura con la mazza e lo scalpello, lo aiuteranno certamente a lasciare qualche bella e forte impronta, sulla strada del Passaggio che è la vita.

Antonino Statella 16 settembre 2005 Milano


Due artisti nella ex chiesa di San Nicolò a Jesi (AN).
Angelo crea anche grandi stemmi e il simbolismo prende forma sia nei titoli che nello svolgimento della materia. E’ genero dell’illustre Brenno Bucciarelli, il tipografo d’arte di Castelplanio che ha aiutato gli artisti, pittori, scrittori e poeti, e gli amatori dell’arte, a far risaltare i talenti di ciascuno con la grazia ineguagliabile delle sue composizioni.
Francesco Scarabicchi, suo grande amico, ancora lo ricorda commosso come colui il quale lo credette pittore ancor giovanissimo, perciò Brenno Bucciarelli, sarebbe stato orgoglioso che il marito della sua Francesca abbia realizzato pian piano, vivendo con lei, il desiderio di scolpire.
La sua anima aleggerà tra i lavori manuali dei due amici, che qui a Jesi hanno deciso di mostrare le loro opere: da materiale tanto utile allo sguardo sulla nostra interiorità da tanta comunicazione e stordimento.
dal Corrire Adriatico


San Nicolò
L'arte del legno e le sue molteplici forme In mostra le opere di due artisti romani "Se dovessi dare un titolo alla mostra la chiamerei il legno, la passione e il fuoco ", e non trovo nessuna obiezione da fare alle tre parole.
Una mostra del legno e con i1 legno, quella presente nella chiesa di San Nicolò dal 13 al 16 ottobre: opere di due artisti romani, Alessandro Piccerillo ed Angelo Melaranci, che ormai da anni coltivano la passione della lavorazione di questo materiale, antico e semplice al tempo stesso.L'inaugurazione dello scorso giovedì, che ha visto presente tra gli altri anche il sindaco di Jesi e quello di Castelplanio, ha dato il via ad un'esposizione di opere di carattere differente, accomunate dalla passione per il legno e da una forte amicizia degli artisti. Il primo di essi, partendo da foto in bianco e nero, ha realizzato una serie di quadri pirografati dai soggetti più vari. Si va da scorci di vicoli di Genzano di Roma, città natìa di entrambi gli artisti in mostra, ad immagini sacre, realizzate anche appositamente per il luogo dell'esposizione."Tutto parte dal mio amore per la fotografia", precisa Piccerillo" e l'immagine prende forma sul legno grazie al fuoco del pirografo. Diverso, ma non per questo meno suggestivo, è il campo di indagine di Melaranci, pianista, pittore, ed in ultimo scultore: "Le mie prime opere risalgono a quattro cinque anni fa, traducendo in linguaggio plastico musica e pittura", mi dice. Immagini sacre, animali, figure umane che escono dal legno nella volontà di parlare, quasi di liberarsi. "Le opere nascono da pezzi di legno che trovo nelle campagne vicino Roma, molto spesso legno d'ulivo. Le lavoro poi con gli scalpelli, e do loro lucentezza con gommalacca e cera d'api".
Nel presentarmi le proprie creazioni, entrambi sottolineano che la lavorazione del legno è una passione, lavoro continuo ritagliato negli spazi che concede loro la vita quotidiana.
Un forte esempio di chi è riuscito a rendere vero e tangibile quel "magari, se avessi tempo" che molto spesso ci impedisce di vivere fino in fondo quegli interessi, quelle inclinazioni, che rimangono spesso solo pensieri, e non si traducono in parole concrete: legno, passione, e fuoco appunto.
dalla Voce della Vallesina di Giorgia Barboni


L'Angelo dell'Interrogazione
Per un attimo, per una vita ancora, raccontarsi di quel pompiere marcato dalle sue giovanissime mattine, circondato dall'ombra di una uniforme di soccorritore silenzioso, per poi negli anni e negli abbracci scoprirlo nascosto.
Scoprirlo nel diluvio sospinto da anime dannate del centroromano, fino all'ammirazione di un suo ceppo vivo che urla di legno e di fuoco
.L'interrogazione vive la sua opera,come crisi spirituale che trasforma l'uomo a metà della sua vita o nell'immediatezza dei giochi di ragazzo musicati in famiglia,in una sensibilità segreta e sofferta.
L'interrogazione da i suoi pensieri,dagli occhi tristi e ammirati da un desiderio continuo inarrivabile di vita, di amore spirituale ma carnale, puro o magari nascosto da una sessualità chiusa nei cassetti del suo vecchio pianoforte o intagliata in un legno monolite e parlante.
Primo Canto la quercia ramificata della valle stringe i sogni della mia giovane ombra,cinque passi per almeno venti di questi anni, ma come l'abbraccio per voi l'amore mio non muore, lo rivoltano, lo spaccano tengono le mie mani e nel silenzio della mia opera tornerò a voi come sempre, per aprirvi l'ultimo del mio cuore.
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Tra colori di terra e tagli alle mani l'Angelo dell'Interrogazione cura la sua dannazione, chi non lo farebbe, chi racconterebbe il falso? Ora amico mio dividiamoci quello che ognuno di noi porta come gioia e dolore, come vento che bussa ai nostri cuori, come eternità o quella che ne rimane.
Al mio carissimo nell'anima e nell'amore.
Raffaele Ciotola


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